lunedì, dicembre 18, 2006

Capitolo XLVII - Wallace Connecting People

Sono passati diversi giorni da quella sera e si è ritornati alla routine delle 6.30 di mattina.
Quando mi sveglio a quell’ora è ancora buio. Dopo un viaggio di quaranta minuti arrivo al bar. Ogni martedì, mercoledì e venerdì raggiungo Francesco e altri compagni random, e prima di entrare in aula facciamo la prima pausa caffé. L’ultima volta che sono tornato a Modena sono andato in biblioteca e ho preso in prestito il libro di Wallace che mi mancava,“Tennis, Tv, Trigonometria e Tornado”. Ho la velocità di lettura di un menomato. In qualche modo mi costringo a leggere 50 pagine al giorno per non perdere il ritmo. Sono a pagina 130, e sì, lo so che 130 non è multiplo di 50. Devo aver sbagliato qualcosa. Saluto gli altri e vado in classe, oggi punto a quota 200. Ho mezz’ora prima che inizi la lezione, e almeno qualche pagina la posso spuntare. C’è spazio fuori, e la temperatura è ancora accettabile. Mi faccio largo tra due ragazzi e una fanciulla, mi accendo una sigaretta e leggo. Leggo di tutta quell’ideologia televisiva che Wallace critica ed esalta, etc. Lo sguardo è frettoloso, salto anche le parole ogni tanto, è brama credo.
- Ti vedo immerso nella lettura…
- E’ un libro molto bello, lo conosci?
- No, stavo appunto cercando di capire che libro fosse.
- E’ di David Foster Wallace.

E’ rimasta da sola la ragazza, gli altri sono tornati dentro. Per educazione sarebbe toccato a me, proferir parola. Ormai le sigarette di entrambi sono quasi consumate, a 200 pagine non arriverò mai.
La ragazza ha i capelli castani e gli occhi chiari. Il corpo minuto è vestito da jeans e maglioncino a righe orizzontali bianche e violetto, si intravede una maglietta. Ha i capelli avvinghiati ad un fermaglio, tenuti immobili dietro la nuca.
- Ah comunque piacere, Valeria.
- Marcello.
- Di che parla il libro?
- Eh tipo, in realtà è una specie di raccolta di saggi, più o meno.

Sono convinto che ormai entrambi siamo prigionieri di una discussione da cui non sappiamo uscire. A Valeria del libro non interessa niente, era una frase di cortesia la sua, o forse di curiosità. Io, per quanto mi concerne, avendo letto solo 130 pagine, non ho la più pallida idea di che parli questo libro. Entrambi non sappiamo chi sia in realtà David Foster Wallace. Nella mia mente bacata ha sempre avuto la forma Ernest Hemingway, però con i capelli lunghi, rigorosamente bianchi e con il codino, un po’ di pancetta, e il passo affaticato di chi ha visto il mondo. Colta da raptus proprio ieri sono andato in internet a cercare il volto di uno dei miei autori preferiti, il responso è stato devastante. A parte i capelli lunghi e forse il codino non ci siamo proprio. I capelli sono nerissimi, porta gli occhiali che si accompagnano alla barba incolta ed è assolutamente una figura longilinea che suppongo cammini con relativa facilità. Tutte le mie congetture su quest’uomo erano errate. Lo saranno, evidentemente, anche quelle su Valeria.
- Marcello, ti stai per bruciare le dita con la sigaretta…
- Ahia!

Troppo tardi.