lunedì, maggio 21, 2007

Capitolo LVI - Modena

Mentre parliamo mi chiede da dove vango. Sono tentato di rispondere da casa mia, ma siccome so che fa ridere solo me, evito. Le rispondo Modena, senza tanto badare a dare indicazioni di locazione geografica. Piano piano però comincio a pensare sul serio a Modena.
Comincio a pensare a quella Modena della biblioteca Delfini, dove tutti vanno a studiare, e mi sono sempre chiesto come cazzo ci studino, visto che una volta entrato devi salutare almeno 50 persone prima di sederti, e non c’è mai posto. Quella Modena della Piazza Style che hanno sempre le pettinature dei manichini della Benetton e si mettono i pantaloni corti e il gilet. Modena del K2 dove non hanno mai il latte per il frappè e del Liceo Tassoni dove tutti non vedono l’ora che te ne vai e poi non vedono l’ora che torni a trovarli. Quella Modena dei ricchi che vengono a fare shopping a Milano e poi vanno nei superstore. Modena così abbondante di piscine dove non ti puoi tuffare, non puoi introdurre qualsivoglia oggetto in acqua, devi avere la cuffia, devi farti la doccia, depositare le ciabatte, e se vuoi nuotare, lo devi fare solo nelle corsie. E nel senso di marcia, anche se non c’è nessuno. Quella Modena di via Gallucci, dove non c’è mai posto, e di via Scarpa, dove c’è sempre posto. Quella Modena dove c’è ospite Emidio Clementi allo Juta e la cameriera non sa nemmeno chi sia. Modena dove ci sono i soldi ma manca del tutto il potere. Quella Modena del vado a fare l’università a Bologna, così vivo la città. Quella Modena del kebabbaro che appena ti vede ti chiede se vuoi il solito. Quella Modena del ”Ah, tu sei di Modena, conosci i Modena City Remblers?”. Modena dove ora il secondo partito è Forza Italia, perché fa fico essere di destra. Quella Modena dello Snoopy dove l’età media è 15 anni per le donne e 20 per gli uomini, del Vox che ora fa la serata latino-americano, della Crepa dove c’è gente che balla con gli occhiali da sole, del Tempo che è a Reggio. Quella Modena del “Quest’anno puntiamo alla promozione” e poi si lotta per non retrocedere. Quella Modena dei Lions, ma non quelli di rugby. Modena della vela sport nazionale ogni 4 anni. Quella Modena delle feste in provincia organizzate per 500 pochi intimi invitati. Modena “città vivibile e a misura d’uomo” dove ora vogliono fare la metropolitana. Modena di Ricordi, dove trovi i quindicenni metallari e della Feltrinelli, dove c’è sempre la stessa gente. Quella Modena dove vai a chiedere alla polizia se sa dove si tiene questa festa “open bar”. Qualla Modena del parco Amendola, e del “ce l’hai del fumo?”. Modena del night Fuego, dove nessuno è mai entrato, della casa dalle 100 finestre che io le ho contate e sono meno di 30, della Tenda, che è uno spazio giovanile disertato dai giovani. Quella Modena del “Qui non c’è mai niente di nuovo da fare” e del “C’è un locale nuovo, ci andiamo? Meglio di no”. Quella Modena delle vasche in via Emila, dove ci si incrocia per almeno 3 volte, dei motori e del colore rosso, del conservatorio in cui la viola è l’unico strumento non comparato. Modena delle manifestazioni contro la Moratti e la guerra, della sinistra giovanile che distribuisce birra e di azione giovani che viene giustamente guardata male da tutti.
Quella Modena in cui non tornerò fino ad almeno il prossimo weekend.

Ps: questo post è stato ispirato dalla canzone Mamma Roma (Addio) di Remo Remotti. Sono conscio di non essermi nemmeno avvicinato alla sua potenza espressiva, ma d'altronde ho vissuto a Modena, e Modena non è Roma.

mercoledì, maggio 16, 2007

Capitolo LV - Stella Was A Diver And She Was Always Down

La prima persona che vedo appena messo piede in questa casa coloniale è Tommaso.
- Che ci fai qui?
- Amico di amici di amici. Tu uguale?
- No, io amico di Mario.
- E chi è?
- Il tipo che ha organizzato.
- Ah!
- Come procede l’analisi statistica?
- C’ho rinunciato, sai quanto tempo mi portava via?
- Non perché era una cazzata?
- Non è una cazzata quella cosa lì.
Valeria l’ho già persa di vista, sono venuto con lei ma in pratica ci siamo dati appuntamento tra 3 ore. Mentre parlo con Tommaso però sento qualcuno che mi tocca sulla spalla.
E’ Mario.
Fa cenni equivoci, tipo vieni di lì che ho una partita di droga. Andiamo.
Mi trovo immerso da gente che non conosco e a cui mi devo presentare. Tra tutta questa gente ci sono le tanto famigerate “ragazze da piazzare”. Alcune sono anche carine, ma sono così ubriache che non si ricorderanno né nomi né facce. Sto lì 5 minuti poi mi dileguo, se sarà il caso tornerò.
C’è Tommaso che mi ha aspettato.
- Non è male qui.
- No affatto, i miei amici sono già tutti sistemati per la serata, quindi caro Marcello mi sa che dovremo avere una liason anche io e te.
- Giusto per rimanere in tema.
- Sì esatto. Non mi racconti niente di nuovo?
- No, niente.
- La tizia con cui ti ho visto arrivare?
- Valeria, compagna di corso.
- Carina.
- Sì.
Tommaso mi fa un segno con gli occhi e poi mi sento toccare la spalla, un’altra volta.
Mi giro.
- Mario dimmi.
Non è Mario, è una ragazza. E’ mora, occhi chiari. I lineamenti sono dolci, si sposano con i vestiti e l’atteggiamento piuttosto insicuro.
- Scusa, tu non fai la classe 6?
- Sì, anche tu no?
- Sì sì, piacere Stella.
- Marcello.
- Scusami se ti interrompo ma sai, non conosco nessuno. Sei la prima faccia amica che incontro da mezz’ora a questa parte.
- Figurati, posso dire la stessa cosa.
- Ma se stavi parlando!
- Ma non è una faccia amica…
Tommaso si fa una risata e si allontana.
Io e la ragazza andiamo verso il banchetto degli alcolici.
Incrocio Isa che mi saluta, mi dice due cose due. La seconda è: ti chiamo prossimamente.
Stella saranno 10 minuti buoni che mi parla di niente, però la sto ad ascoltare, anche perché mi ci trovo stranamente a mio agio.
In classe non l’avevo mai notata, e comincio a chiedermi come sia stato possibile. Sorride spessissimo, è un tipo decisamente solare. Mi racconta di essere una tuffatrice, originale, penso. Mi capita di fissarle le pupille con attenzione e scorgo che c’è qualcosa di triste nei suoi occhi, ben nascosto, malinconia forse, non so di che. Noto solo dopo un po’ che quando dice qualcosa di ironico o sorride a qualcosa di ironico detto da me fa l’occhiolino. E’ impercettibile, un movimento rapidissimo, splendido. Cerco di farla ridere il più possibile dato che mi piace immensamente quel tic volontario che regala ogni qual volta ci riesco.
In un certo senso è la ricompensa per essere venuto.