sabato, luglio 28, 2007

Capitolo LXV - Rimini Rimini

La cosa più romantica che abbiamo fatto ultimamente è stato andare con alcuni amici a Rimini. Non è stagione ancora, quindi risulta piacevole. Il mare è tranquillo e un po’ desolato, ci sono per lo più bambini o ragazzine che si divertono con moderazione, visto che poi i giorni seguenti dovranno tornare a scuola. Siamo andati con Francesco Mario e Stella. La Punto di Mario era stracolma di vestiti, perché le ragazze per un weekend sono abituate a poter scegliere, che non si sa mai, un maglione di lana può sempre servire. In 5 in macchina eravamo partiti presto da Milano e arrivati all’ora di pranzo a Rimini. Con somma sorpresa di tutti c’erano delle giostre, le mele caramellate e l’odore un po’ stomachevole delle feste di paese. La sabbia invadeva i marciapiedi e il vento scompigliava i capelli, solo alle ragazze. Isa come suo solito scattava decine di foto. Stella si divertiva a sommare i numeri delle targhe delle macchine in sosta ai lati della strada. Mario, Francesco ed io parlavamo di dove andare a mangiare e cosa si potesse fare di interessante, già ci chiedevamo perché avevamo appoggiato la proposta delle ragazze. Verso sera andammo a fare un giro sulle giostre. La figura ve la risparmio, in pratica l’età media, noi esclusi sarà stata di 9 anni. Non capirò mai perché Isa abbia insistito tanto.
Trovavo il tutto davvero d’altri tempi. Il passare ore seduti sulla sabbia con i vestiti a non fare niente, a guarda il mare davanti che non fa altro che fare risacca. Il rumore è musicale e conciliante. Lei ogni tanto appoggiava la testa sulla spalla e mi metteva la cuffia dell’iPod nell’orecchio, è un vizio che non ha perso. Francesco in teoria doveva essere l’accompagnatore di Stella, dato che si sa che l’altro ragazzo del gruppo ha fin troppe donne a cui badare. Ogni tanto complottavano qualcosa, si cominciava a creare intimità ma, almeno per quel weekend, i tempi non era ancora maturi. Mario ogni tanto riceveva telefonate minatorie dalle sue due ragazze. Per assurdo per la prima volta diceva la verità e le due si insospettivano, continuando però ad ignorare la reciproca esistenza. Però un ragazzo che va al mare con i suoi amici, beh, quello insospettisce non poco.
Isa volle ritornare una seconda volta sulla giostra, questa volta nella zucca, mentre gli altri andarono sui cavalli, giusto per non abbandonarmi in questa vergognosa situazione. Le decorazioni erano barocche, e tutto girava su se stesso all’interno di un moto di rivoluzione intorno al centro della giostra. I colori viaggiavano veloci, ma tutto sommato si stabilizzarono su un arancione vivo, più deciso di quello della zucca nella quale eravamo intrappolati. Finirono questi 5 minuti di follia e ritornammo in albergo. L’indomani si sarebbe tornati alla routine. Con un po’ più di romanticismo nel cassetto.

domenica, luglio 22, 2007

Capitolo LXIV - Infanzia Surrogata

Ora, non è che siamo insieme, ci vediamo. Lei mi chiama quando ha bisogno di solito. Andiamo al cinema o a sentire concerti di gruppi a lei sconosciuti, qualche volta a teatro. Sostiene da qualche giorno che le piacerebbe vedermi con gli occhiali, quelli a montatura rettangolare, neri. Io non accetterò ulteriormente questa provocazione, tutte le volte cambio argomento per non doverle esplicitamente dire che verso gli occhiali ho una morbosa repulsione. Mi continua a presentare gente quando usciamo; in questo mi ricorda esageratamente mia Lasko. Girare per la strada con entrambi equivale a fare un bagno di folla dilatato nel tempo e nello spazio. Amici, amici di amici, amici di amici di amici. A casa sua mentre mangia merendine si mette a guardare Uomini & Donne. Mi sono chiesto diverse volte se fosse un caso la costante assenza dei suoi genitori da casa. La prima volta che ho toccato l’argomento l’ha schivato bellamente. Non è un caso. Abbiamo discusso a lungo di cose molto poco interessanti, il suo argomento preferito è l’infanzia.
Mi ha raccontato diverse volte quello che faceva alle elementari, dei baci sulla guancia che gli altri bambini cercavano di darle e le sue risposte a base di urla. Spesso a questi racconti accompagna immagini di lei in grembiule con tante matite colorate. Le matite sono sempre esageratamente grandi a mio parere. Lei giustifica il tutto dicendo che è un discorso relativo, le mani piccole fanno sembrare le matite enormi. Quelle matite però mi danno l’idea di “disegno for dummies”. Glielo sottolineo un paio di volte, forse erano così grandi apposta. Lei nega, si ostina. Le matite hanno colori decisi e una punta enorme, non mi sorprende che dalla fotografia si intraveda un foglio dove il solito sole fa da sfondo ad una casa disegnata veramente male. Lei dice che io a quell’età avrei fatto peggio. E’ falso, io ora farei peggio. Durante la trattazione di questo genere di argomento arriva implacabile il momento in cui mi rendo conto che sono privo di qualunque aneddoto da raccontarle sulla mia infanzia. Non mi ricordo nemmeno chi siano stati i miei compagni di scuola. Recentemente ho pensato di utilizzare le trattazioni sull’infanzia prese da svariati film. Il mio preferito è quello dell’ansia che mi avrebbe colpito dopo aver appreso che l’universo dopo il periodo di espansione sarebbe imploso. Lei ci ha riso sopra diverse volte, è poco rispettosa delle sofferenze altrui. Siccome funzionava ho allargato a macchia d’olio la mia invenzione, o meglio copiatura, e le ho raccontato che un mio compagno è stato prima eroinomane e ora morfinomane, un’altra batte il centro. Ho detto tutto con convinzione e un po’ di malinconia, lei ha riso anche in questa occasione. Mi ha confessato dieci giorni dopo che in realtà lei pensava stessi citando Allen da Io & Annie, e non spacciando il tutto per mio. Comunque trova carino il mio modo di rubare gli spezzoni dai film. E’ l’unica.
A casa mia ci viene di rado, le piace ma probabilmente non sopporta la musica che scelgo per passare le nostre serate. Cucinare non sa cucinare, quindi mangiamo solo take-away. Continuo a cercare di insegnarle quello che so di matematica ma è poco recettiva. Il resto lo passiamo all’università, dove alcuni intuiscono altri no. Andiamo insieme a pranzo un po’ troppo spesso.

martedì, luglio 17, 2007

Capitolo LXIII - Il Vettore No, Non L'Avevo Considerato

Sono puntualissimo all’appuntamento. Biblioteca si era detto e biblioteca è. Io sono alla macchinetta del caffè che aspetto gli altri. La macchinetta ormai è il mio personale salvadanaio, dato quanto spendo in caffè, l’unico inconveniente è che non la posso rompere, intendo senza destare attenzione. Arrivano nell’ordine Isa e Stella, poi Mario e Francesco. Tutti e quattro prendono il caffè, poi andiamo fuori a fumare. Isa da le sigarette a Stella, che quindi non me le chiede. Mario racconta a me e Francesco che come al solito ha problemi con le due ragazze, che non sa come gestire la cosa e chiosa il tutto con una bestemmia articolata. Francesco gli suggerisce di provarci con Isa. Isa è lì e sente. Ride. Francesco incoraggia la cosa, “ci sta”, dice.
In realtà io non lo sapevo ma non siamo qui per studiare, ma per ripetere alle ragazze le ultime cinque lezioni di matematica finanziaria. In tre, si sono detto, dovremmo farcela.
Qui però mancano le basi, non sanno che sono gli autovalori e conseguentemente risulta complicato parlare di autovettori associati. Isa se ne viene fuori deviando dall’argomento principale che ora sono diventati i numeri complessi e mi dice sottovoce che sono molto carino oggi. Scherza.
Io la guardo come se mi avesse confessato di aver compiuto un omicidio. Peggio forse.
- Andiamo a fumare?
- Ma abbiamo fumato mezz’ora fa.

Non basta a convincerla, mi porta fuori. Prima che accenda la mia sigaretta si toglie la sua dalla bocca e mi bacia.
Non era così che doveva andare. Da pronostico io mi dovevo fare quell’altra. A me piaceva quell’altra. Queste due sono amiche. Me la sono giocata in un attimo. Poi lo sa che mi piace Stella. Perché l’ha fatto?
Queste cose me le sto chiedendo mentre pomiciamo. Spero lei non se ne accorga, anche perché a dire la verità sono domande che passano piuttosto rapidamente nella mia mente in puro stato confusionale. Mi mette nell’orecchio una cuffia del suo iPod. Lei è abbastanza sofisticata per queste cose, si veste bene, chic ma poco appariscente. La musica che si sente è abbastanza inerente al momento e sofisticata come lei. Non presto eccessiva attenzione a cosa sia il genere è di quella elettronica da camera che in certi momenti è tornata utile anche a me. Non capisco perché si ostini però a piazzarmi questa cuffia nell’orecchio, forse vuole che vada a tempo. Si stacca e cade anche la cuffia. Mi guarda come si guarda qualcuno a cui si deve molto.
Quando torniamo dentro io ho la faccia un po’ stordita, i due ragazzi se ne accorgono subito. Isa sorride a 52 denti. Mi prendo una piccola pausa. Non avevo pensato a questo, non era in programma per niente. Non so nemmeno se sono contento sia successo. L’unica cosa che credo di poter confermare è che, almeno per lei, oggi, evidentemente, sono davvero molto carino. Non scherzava. Cerco di ricominciare a spiegare matematica finanziaria al meglio delle mie capacità. Inspiro e riparto, questa volta dagli autovalori, almeno le basi le devono sapere, penso. Mi rendo conto che almeno, come parziale consolazione, la cosa non era proprio preparata, nel senso che Isa non capisce davvero cosa diavolo siano gli autovalori. Nemmeno ora. Dopo ore passate a spiegare, in alternanza con i miei due compari, comincio ad avvertire i primi sintomi egocentrici che mi colpiscono in situazioni come queste. Spero capiti solo a me, ma in ogni caso, qualunque cosa venga detta la interpreto come se facesse puro riferimento alla mia situazione sentimentale.
Come quando a scuola durante l’ora di storia la prof ti chiede come i mille siano “penetrati” in Sicilia. Ecco, il problema che trovare similitudini a sfondo sessuale nella matematica è profondamente da malati. Sono almeno contento che tutte le volte che qualcuno nomina la locuzione “vettore riga”, Francesco tiri su col naso appoggiato al banco. Stempera l’atmosfera.
Il tempo passa lento, ma alla fine l’agoniata pausa aperitivo arriva. Pausa, come se a seguito dello svago si tornasse in biblioteca. Tutti sappiamo non sarà così e prendiamo i libri. Accordo tacito.
Mentre ce ne andiamo Isa mi sfiora la mano. Le sue dita toccano le mie, in una maniera che sembra quasi casuale. Non lo è, ma solo io e lei lo sappiamo.

sabato, luglio 14, 2007

Capitolo LXII - Grandi Preparativi

Mi guarda male, forse non ha capito che stavo scherzando. Allargo il sorriso, così forse capirà. Dovremo tornare dentro finita la sigaretta e non voglio starle addosso. Già la cosa di Spilamberto mi ha fatto perdere decisamente punti. Quasi fosse un gioco a premi.
Ci raggiunge Valeria con suo fratello, che evidentemente non ha niente da fare. Mai. Mi saluta come si salutano i fratellini, scompigliando i capelli, si presenta a Stella e poi mi spiega il perché della visita. Per farlo ci allontaniamo di una ventina di metri, lasciamo parlare le ragazze tra di loro.
Mi spiega il perché della visita. E’ sempre un po’ misterioso lui, e la cosa che mi da più fastidio è che alla fine tutta questa suspance si materializza in una cazzata del tutto normale.
- Deve farmi vedere il tipo che le piace.
- Ah.
- Stanno quasi insieme…
- E quando se lo sarebbe fatto?
- Alla festa, ma tu eri troppo preso da quella lì, mi ha raccontato.
- Beh Davide, devi ammettere che è carina, e comunque non è vero.
- Con metà frase affermi, con metà neghi.
- E’ un dato che sia carina.
- E’ un dato anche che ti interessi.
- Sei venuto anche per vedere quella che piaceva a me?
- Un po’ sì, lo confesso.

Entriamo e finalmente ci sediamo. A Davide viene indicato il tizio in questione.
- No dai, fa cagare! Chi cazzo è?

Mi accodo.
- Visto che non lo penso solo io?
- La verità è che non capite niente di uomini. Vero Stella?

Stella non risponde. Prende appunti. Aggiunge scrivendo a penna su un foglio spiegazzato che: “a me piacciono solo gli uomini brutti”. Valeria mi da una gomitata, che non capisco stia per “hai chance” o “sei brutto”, in ogni caso non è un complimento. Si stende un velo pietoso sulla cosa.
Il resto della lezione passa tutto così, con Davide e io che cerchiamo di far valere i nostri commenti estetici sul ragazzo in questione e Valeria che dice che non capiamo niente e che siamo invidiosi. Che poi mi domando, io vabbe, potrei anche essere invidioso del fatto che se la fa, ma a Davide non credo interessi molto.
- Invidioso di che?
- Del fatto che è bello…
- Ma non è bello per un cazzo sorellina. Fa proprio cagare.
- Balle.

Davanti a così tanta dialettica Davide capitola. Usciamo e mangiamo in mensa, poi lui se ne torna a casa, che “ha da fare”, cosa poi?
Scappo anche io. Ho da fare sul serio, mi devo fare bello per domani, e vi assicuro che è un lavoro che richiede tempo, oltretutto sono fuori con la tabella di marcia per fare Milano - Lourdes andata e ritorno in giornata, dovrò ripiegare su qualche santuario più a buon mercato.

martedì, luglio 10, 2007

Capitolo LXI - Pausa Caffè

Mentre prendiamo il caffè non fa altro che parlare di lei e Isa. Che si sono conosciute al liceo, che sono amiche, che si sono ritrovate per caso qui. Mi è venuto naturale pensare che fosse strano che tra amiche non si sapesse in quale università si sarebbe andato a studiare, la ritenevo una sciocchezza. Stella mi ha risposto che prima si conoscevano quasi di vista, classi differenti, poi qui hanno stretto i rapporti. Mi ha anche confessato che in realtà quando ha fatto il segno del “ti telefono” alla festa, era indirizzato a lei e non a me. Ha detto poi lei di chiamarmi, per non destare sospetti, e soprattutto delusioni. Mi chiede se mi piaccia Isa. Non lo so. Per fortuna non mi chiede se mi piaccia lei. Non avrei saputo rispondere nemmeno a questa domanda. Comincia a parlare del liceo, “che qui è tutto diverso”, “che al liceo le vacanze erano vacanze”, “che il liceo apre la mente, mentre l’università è settaria”. Evidentemente io non ho fatto il liceo, non il suo. Mi sono divertito poco, Martina è tutto il resto, anche senza Martina. Mi ricordo che ero entusiasta del primo giorno di scuola, quando incontrai per la prima volta tutti. Poi il resto tralasciabile. Me ne sono andato infatti, venendo in una città che non conoscevo, e non conosco tutt’ora. Qui è un po’ meglio, perché con il fatto che mischiano le classi ogni anno, ho più “primi giorni di scuola”, ma è l’aria che è un po’ diversa, mi sento meno vessato da compiti e verifiche. A Stella si illuminano gli occhi a parlarne, a me si incupiscono.
Mi dispiace non averne goduto a pieno del liceo, di quello che tutti dicono essere il miglior periodo della propria vita, ma evidentemente ero occupato a fare altro.
Io mi bevo il mio caffè e penso a tutte queste cose, lei intanto parla. Mi dice che domani studia in biblioteca con Isa, che vorrebbe che ci fossi anche io e tutte queste stronzate qui.
Mi da fastidio venire apposta per studiare, ma l’occasione è buona, anche perché sicuramente si studierà per un’ora e poi si andrà in giro per Milano.
Milano è molto bella quando non piove, quando c’è il sole. Io non so mai cosa cazzo farci, mi sono sempre sentito di passaggio. Non sono mai andato all’idroscalo e nemmeno al parco Sempione. Conosco piazza Duomo, Via Torino, Via Mazzini, Brera e Cadorna. Non ho visto niente, in due anni che ci sto. Non ne sento la necessità però, dato che credo non tornerò mai definitivamente a casa. Sono convinto che pian piano maturerò una conoscenza discreta di una città che mi vuole tanto bene, ma che io filo poco.
- Hai una sigaretta?
- Siamo già passati al “quel che mio è tuo”?

giovedì, luglio 05, 2007

Capitolo LX - Il Collegamento E' Evidente!

Mi sta fissando da qualche secondo e si aspetta che le racconti qualcosa di interessante. Ho due opzioni per fare bella figura. Potrei puntare su quella fantomatica storia che Lasko ogni tanto racconta, quella del bisnonno che era stato abbandonato davanti ad un convento. L’incipit è fisso, poi i dettagli ogni volta sono diversi. L’altra opzione è quella di Spilamberto, cittadina in provincia di Modena, completamente immersa negli anni 80. Nel senso che siamo ormai nel 2010 tra un po’ e loro sono si e no all’82. Spilamberto va...

- Sei mai stata a Spilamberto?
- No, che è?
- Una cittadina in provincia di Modena.
- Ma perché me lo chiedi? Ha qualcosa di particolare?
- E’ una cittadina anni 80.
- Eh?
- Vivono tutti negli anni 80. Ascoltano musica anni 80. Tutti eh, poi vabbe, c’è anche una discoteca house.
- Anni 80?
- No, normale. House.
- Ma cos’ha di anni 80?
- Ci organizzano concerti dove suona gente che richiama gli anni 80 con pezzi propri, o ci fanno suonare gruppi tipo i Diaframma…
- Chi?
- Fiumani dai…
- Chi?
- Vabbe.
- E allora?

Cambio programma.

- C’è nato mio bisnonno!
- Negli anni 80?
- Credo di no…
- Sicuro?
- Praticamente l’hanno lasciato davanti al sagrato di una chiesa, poi è stato adottato e tutta la trafila, sai no?
- No, non so come funzionino le adozioni.
- Beh comunque pare fosse figlio di nobili.
- E allora?
- No, niente.
- Sei uno di quelli che vuole fregiarsi di essere nobili mentre…
- No!
- E allora?
- C’è una gelateria buonissima a Spilamberto.
- E questo che c’entra?
- E’ una gelateria che è nata negli anni 80.
- Ma qual è il collegamento con tuo bisnonno?
- C’ha preso il gelato.
- Negli anni 80? Quanto ha vissuto scusa?
- No beh, cioè a Spilamberto ha preso il gelato qualche volta, non lì di preciso.
- Eh.
- No ma guarda che il collegamento c’era.
- Secondo me ti stai solo impigliando da solo in una rete da te creata, sei goffo in questo genere di cose.
- Il collegamento c’è!
- Caffé?
- Caffé. Comunque il collegamento c’era eh…