martedì, luglio 17, 2007

Capitolo LXIII - Il Vettore No, Non L'Avevo Considerato

Sono puntualissimo all’appuntamento. Biblioteca si era detto e biblioteca è. Io sono alla macchinetta del caffè che aspetto gli altri. La macchinetta ormai è il mio personale salvadanaio, dato quanto spendo in caffè, l’unico inconveniente è che non la posso rompere, intendo senza destare attenzione. Arrivano nell’ordine Isa e Stella, poi Mario e Francesco. Tutti e quattro prendono il caffè, poi andiamo fuori a fumare. Isa da le sigarette a Stella, che quindi non me le chiede. Mario racconta a me e Francesco che come al solito ha problemi con le due ragazze, che non sa come gestire la cosa e chiosa il tutto con una bestemmia articolata. Francesco gli suggerisce di provarci con Isa. Isa è lì e sente. Ride. Francesco incoraggia la cosa, “ci sta”, dice.
In realtà io non lo sapevo ma non siamo qui per studiare, ma per ripetere alle ragazze le ultime cinque lezioni di matematica finanziaria. In tre, si sono detto, dovremmo farcela.
Qui però mancano le basi, non sanno che sono gli autovalori e conseguentemente risulta complicato parlare di autovettori associati. Isa se ne viene fuori deviando dall’argomento principale che ora sono diventati i numeri complessi e mi dice sottovoce che sono molto carino oggi. Scherza.
Io la guardo come se mi avesse confessato di aver compiuto un omicidio. Peggio forse.
- Andiamo a fumare?
- Ma abbiamo fumato mezz’ora fa.

Non basta a convincerla, mi porta fuori. Prima che accenda la mia sigaretta si toglie la sua dalla bocca e mi bacia.
Non era così che doveva andare. Da pronostico io mi dovevo fare quell’altra. A me piaceva quell’altra. Queste due sono amiche. Me la sono giocata in un attimo. Poi lo sa che mi piace Stella. Perché l’ha fatto?
Queste cose me le sto chiedendo mentre pomiciamo. Spero lei non se ne accorga, anche perché a dire la verità sono domande che passano piuttosto rapidamente nella mia mente in puro stato confusionale. Mi mette nell’orecchio una cuffia del suo iPod. Lei è abbastanza sofisticata per queste cose, si veste bene, chic ma poco appariscente. La musica che si sente è abbastanza inerente al momento e sofisticata come lei. Non presto eccessiva attenzione a cosa sia il genere è di quella elettronica da camera che in certi momenti è tornata utile anche a me. Non capisco perché si ostini però a piazzarmi questa cuffia nell’orecchio, forse vuole che vada a tempo. Si stacca e cade anche la cuffia. Mi guarda come si guarda qualcuno a cui si deve molto.
Quando torniamo dentro io ho la faccia un po’ stordita, i due ragazzi se ne accorgono subito. Isa sorride a 52 denti. Mi prendo una piccola pausa. Non avevo pensato a questo, non era in programma per niente. Non so nemmeno se sono contento sia successo. L’unica cosa che credo di poter confermare è che, almeno per lei, oggi, evidentemente, sono davvero molto carino. Non scherzava. Cerco di ricominciare a spiegare matematica finanziaria al meglio delle mie capacità. Inspiro e riparto, questa volta dagli autovalori, almeno le basi le devono sapere, penso. Mi rendo conto che almeno, come parziale consolazione, la cosa non era proprio preparata, nel senso che Isa non capisce davvero cosa diavolo siano gli autovalori. Nemmeno ora. Dopo ore passate a spiegare, in alternanza con i miei due compari, comincio ad avvertire i primi sintomi egocentrici che mi colpiscono in situazioni come queste. Spero capiti solo a me, ma in ogni caso, qualunque cosa venga detta la interpreto come se facesse puro riferimento alla mia situazione sentimentale.
Come quando a scuola durante l’ora di storia la prof ti chiede come i mille siano “penetrati” in Sicilia. Ecco, il problema che trovare similitudini a sfondo sessuale nella matematica è profondamente da malati. Sono almeno contento che tutte le volte che qualcuno nomina la locuzione “vettore riga”, Francesco tiri su col naso appoggiato al banco. Stempera l’atmosfera.
Il tempo passa lento, ma alla fine l’agoniata pausa aperitivo arriva. Pausa, come se a seguito dello svago si tornasse in biblioteca. Tutti sappiamo non sarà così e prendiamo i libri. Accordo tacito.
Mentre ce ne andiamo Isa mi sfiora la mano. Le sue dita toccano le mie, in una maniera che sembra quasi casuale. Non lo è, ma solo io e lei lo sappiamo.