venerdì, agosto 08, 2008

Capitolo LXXXVIII - Hic Et Nunc

La mattina dopo lei si è svegliata per un orario imprecisato, io in teoria stavo dormendo, ma l'ho sentita lamentarsi e, anche se probabilmente non mi avrebbe voluto svegliare, beh, non ce l'ha fatta.

Mi sono voltato dalla sua parte e l'ho vista con la faccia affondata nel cuscino, che miagolava qualcosa come "mai più, mai più". Tutto secondo copione.

Suona il cellulare e rispondo, mi rendo conto un attimo prima che è sorprendentemente presto, sono le 9.


- Marcello sono Francesco, ieri sera Mario si è schiantato mentre tornava a casa. Ha forato ed è uscito di strada. E' stato ricoverato e stamattina si è spento.

- Oh Cristo.

- Non aveva nemmeno bevuto, cazzo!


Isa si accorge che c'è qualcosa che non va, e mi guarda spaventata.


- Ti ringrazio Francesco, ora lo dico a Isa.

- Ci vediamo all'ospedale?

- Sì veniamo appena possibile.


Lei mi guarda, mi dispiace doverle rovinare ancora una volta la vita.


- Isa, ieri sera Mario ha avuto un incidente e stamattina è morto in ospedale.


Lei non dice niente, scoppia a piangere e scappa via dal letto, rifugiandosi in bagno.


Io non ho mai pianto per questo genere di cose, resto sempre un po' intontito, e cerco di scavare nella memoria per ricordare quali siano state le sue ultime parole, qual è l'ultima cosa che abbiamo fatto insieme. La morte in sè non è mai stata una cosa che mi ha fatto paura, è quello che c'è dopo, o meglio, non c'è, che mi ha sempre terrorizzato. In questi momenti pensi sempre a cosa avrebbe voluto fare chi è scomparso, quali erano le sue aspirazioni, i suoi sogni, i suoi progetti. Non ne resta molto ormai. Ti rendi conto di quante poche cose sai di lui, non sembrano mai abbastanza, sembra che tutte le cose che avete condiviso si riducano all'osso, a un caffè, a quattro chiacchiere, a qualche studiata insieme. Poi il focus si sposta, ti cominci a soffermare su tutto quello che tu devi ancora fare, ai tuoi progetti incompiuti, al tuo futuro, a quanto tutto questo abbia quasi un orologio al polso. Penso che l'unica cosa che possa consolarti dal pensiero di morire, sia il fatto di aver vissuto una vita piena, di aver dato tutto quello che potevi, di aver ottenuto i successi che ti eri prefissato, di esserti innamorato, di aver litigato, di esserti lasciato, di esserti reinnamorato, di aver visto tanti luoghi, di aver conosciuto tanta gente. Penso a quante cose Mario non vivrà mai, come avere dei figli, crescerli, andare ai battesimi, ai matrimoni, ai funerali. Un attimo, e si perde tutto quello che si ha, e soprattutto quello che ancora si deve conquistare. La cosa peggiore che può capitare è essere privati del futuro. 

Sento di là Isa che piange disperata, e io invece qui a riflettere più su di me, che sul povero Mario.

Lei ritorna e con gli occhi ancora rossi mi chiede cosa si dovrebbe mettere, che non ha niente qui. La riporterò a casa per vestirsi. Non le basta, mi urla contro sempre le stesse parole. Ognuno reagisce a suo modo. La prendo e l'abbraccio. Ormai l'unica cosa da fare è darsi conforto a vicenda. Rien Ne Va Plus.