domenica, luglio 22, 2007

Capitolo LXIV - Infanzia Surrogata

Ora, non è che siamo insieme, ci vediamo. Lei mi chiama quando ha bisogno di solito. Andiamo al cinema o a sentire concerti di gruppi a lei sconosciuti, qualche volta a teatro. Sostiene da qualche giorno che le piacerebbe vedermi con gli occhiali, quelli a montatura rettangolare, neri. Io non accetterò ulteriormente questa provocazione, tutte le volte cambio argomento per non doverle esplicitamente dire che verso gli occhiali ho una morbosa repulsione. Mi continua a presentare gente quando usciamo; in questo mi ricorda esageratamente mia Lasko. Girare per la strada con entrambi equivale a fare un bagno di folla dilatato nel tempo e nello spazio. Amici, amici di amici, amici di amici di amici. A casa sua mentre mangia merendine si mette a guardare Uomini & Donne. Mi sono chiesto diverse volte se fosse un caso la costante assenza dei suoi genitori da casa. La prima volta che ho toccato l’argomento l’ha schivato bellamente. Non è un caso. Abbiamo discusso a lungo di cose molto poco interessanti, il suo argomento preferito è l’infanzia.
Mi ha raccontato diverse volte quello che faceva alle elementari, dei baci sulla guancia che gli altri bambini cercavano di darle e le sue risposte a base di urla. Spesso a questi racconti accompagna immagini di lei in grembiule con tante matite colorate. Le matite sono sempre esageratamente grandi a mio parere. Lei giustifica il tutto dicendo che è un discorso relativo, le mani piccole fanno sembrare le matite enormi. Quelle matite però mi danno l’idea di “disegno for dummies”. Glielo sottolineo un paio di volte, forse erano così grandi apposta. Lei nega, si ostina. Le matite hanno colori decisi e una punta enorme, non mi sorprende che dalla fotografia si intraveda un foglio dove il solito sole fa da sfondo ad una casa disegnata veramente male. Lei dice che io a quell’età avrei fatto peggio. E’ falso, io ora farei peggio. Durante la trattazione di questo genere di argomento arriva implacabile il momento in cui mi rendo conto che sono privo di qualunque aneddoto da raccontarle sulla mia infanzia. Non mi ricordo nemmeno chi siano stati i miei compagni di scuola. Recentemente ho pensato di utilizzare le trattazioni sull’infanzia prese da svariati film. Il mio preferito è quello dell’ansia che mi avrebbe colpito dopo aver appreso che l’universo dopo il periodo di espansione sarebbe imploso. Lei ci ha riso sopra diverse volte, è poco rispettosa delle sofferenze altrui. Siccome funzionava ho allargato a macchia d’olio la mia invenzione, o meglio copiatura, e le ho raccontato che un mio compagno è stato prima eroinomane e ora morfinomane, un’altra batte il centro. Ho detto tutto con convinzione e un po’ di malinconia, lei ha riso anche in questa occasione. Mi ha confessato dieci giorni dopo che in realtà lei pensava stessi citando Allen da Io & Annie, e non spacciando il tutto per mio. Comunque trova carino il mio modo di rubare gli spezzoni dai film. E’ l’unica.
A casa mia ci viene di rado, le piace ma probabilmente non sopporta la musica che scelgo per passare le nostre serate. Cucinare non sa cucinare, quindi mangiamo solo take-away. Continuo a cercare di insegnarle quello che so di matematica ma è poco recettiva. Il resto lo passiamo all’università, dove alcuni intuiscono altri no. Andiamo insieme a pranzo un po’ troppo spesso.