lunedì, marzo 24, 2008

Capitolo LXXXIV - Maledetto Atrio Della Biblioteca

Mi sono messo a studiare in biblioteca, a ricercare libri per completare questo dannato lavoro che mi sono scelto sull'outsourcing I.T. e le varie scelte da fare a riguardo. E' un dramma. Isa mi sta di fianco, si è seduta qualche minuto fa. Vuole farmi sapere che Valeria alla fine non esce più con quel tipo che le sconsigliavo e che ha saputo che Stella e Francesco invece stanno bene. E' tutto interessantissimo, credetemi. Dopo aver ricevuto il contentino della mia attenzione si mette a far finta di dormire perchè in realtà vuole che la disturbi per chiacchierarci. Sono venuto in biblioteca apposta per non dover parlare con nessuno. Ogni tanto la guardo e lei chiude immediatamente gli occhi per non farsi beccare mentre mi spia, è un simpatico siparietto.

- Ok andiamo fuori a fumare una sigaretta, va bene?

Sorride e si pavoneggia, ha vinto. Usciamo dalla biblioteca e ci posizioniamo sull'atrio, è qui che ci siamo baciati la prima volta.

- Allora hai già pensato a come ti vestirai per la festa?
- Pensavo di andare in giro tutto ricoperto di post-it e con in mano una penna, se funziona mi ritroverò con migliaia di numeri di telefono.
- Non mi sembra un piano ingegnoso.
- Perchè?
- E' una di quelle cose che fanno solo ridere, ma non funzionano con le ragazze...
- Dici?
- Sì, senza contare che ti potrei dare uno schiaffo per ogni numero che raccimoli.
- Ma se non funziona non dovrei preoccuparmi.
- Accenditi la sigaretta e smettila!
- Avanti dillo! Dillo!
- Touchè! Va bene?

Parte la danza della vittoria.
Scuote la testa.

- Non pensavo di stare con un bambino di 13 anni.
- A 13 anni sei già adolescente...
- Siamo regrediti a 8.
- No, un attimo, stiamo insieme di nuovo?
- Sì.

domenica, marzo 09, 2008

Capitolo LXXXIII - We Ain't Going To The Town We're Going To The City


Ci siamo guardati per qualche minuto, sorseggiato il caffè, riso insieme.
Mi faccio la doccia mentre lei guarda la tv, dobbiamo andare in università e lo faremo insieme.
Isa ha una Vespa, di quelle da donna, con le ammaccature. Mi passa il casco mentre si infila il suo, mi dice di stringermi forte.
Per le vie di Milano sfreccia come se ne conoscesse ogni grammo d'asfalto, è sicura e non cerca di imbastire nessuna conversazione. La stringo in un abbraccio alla volte nemmeno necessario e lei cerca di stare con la schiena lievemente flessa all'indietro, non vuole però che io lo noti e non esagera mai. Non dobbiamo nemmeno parlare e la cosa mi rincuora, non sembra pesi a nessuno dei due.
Appena arrivati non facciamo in tempo a scendere dalla Vespa che Valeria ci si fa incontro con Mario e Francesco. Nessuno sa bene cosa dire, Isa capisce, è sveglia, prende e porta Valeria verso il bar. Mario e Francesco mi guardano e cercano conferme.

- Beh?
- Non lo so, non cominciamo...
- Stella chiede sempre di vuoi due.

Quando mi dissero che Francesco e Stella si erano ritrovati una sera a bere qualcosa fuori mi era sembrata la classica uscita di cortesia. In realtà a distanza di un mese da quell'uscita i due hanno cominciato a frequentarsi così assiduamente che, anche se manca l'ufficialità, sono diventati una coppia. In realtà so benissimo che Stella non chiede di “noi due” ma semplicemente di Isa. Io per non vedere lei mi sono tirato fuori un po' da questo giro di amicizie, le ragazze hanno giustamente preferito lei a me, i ragazzi semplicemente non hanno mai scelto. Ora risulta complicato recuperare il tempo perduto, non tanto per il gap, che è stato comunque contenuto, ma piuttosto perché c'è un pizzico di imbarazzo. Alla domanda di Francesco ho comunque risposto con una di quelle frasi di circostanza che lasciano parecchio spazio all'interpretazione, dato che non mi volevo sbilanciare.
Il problema è che il caffè che abbiamo bevuto stamattina mi ha colpito al cuore. E quel che è peggio, temo Isa l'abbia capito. Mi sono reso conto in un attimo, in una frase sola, che noi due ci apparteniamo.
Non glielo dirò mai probabilmente, ma credo che lei già lo sappia.

sabato, marzo 01, 2008

Capitolo LXXXII - Breakfast Club

Alle 10 si è presentata a casa mia e mi ha svegliato con l'urlo del citofono. Le ho aperto in pigiama, uno di quelli improponibili a rombi viola e grigi. Mi ha allungato la colazione e mi ha scompigliato i capelli.

- Allora che facciamo oggi?
- Devo scrivere il lavoro finale.
- Non andiamo al parco?
- Direi di no, anche perchè poi al parco c'è quella gente che suona i bonghi e si fa i cannoni, non è un ambiente prolifico per lo studio.

Si è subito pentita di avermi chiesto di andare al parco, ha il suo solito sguardo triste, lo volge altrove.

- Isa ma una di quelle tue feste non ce ne sono più? E' da un po' che non ci andiamo...

Sì è voltata ed ora è piuttosto stranita. Ha la faccia che hanno i giovani attori che vincono a sorpresa gli oscar.

- Sì beh c'è una festa a casa di qualcuno, tipo tra un paio di giorni.
- C'andiamo?
- Il tizio mi sta sul cazzo però vabbè, se vuoi andare...
- Voglio provare.
- Cosa?
- A vedere che effetto mi fa.

Sembra dubbiosa sul mio gioco. In realtà mi sono messo in un vicolo cieco. Non volevo andare al parco, però non riesco a vederla triste, ed ultimamente lo è quasi sempre.
Addento il cornetto e chiedo quale dei due caffè, che ha portato in quei bicchieri di carta con sopra il coperchio, è mio.

- Quello con sopra scritto caffè macchiato per Marcello.
- Ah sì. Quanto zucchero c'hai messo?
- Una bustina.
- Come facevi a sapere che volevo una bustina?

Si ferma a pensare, cerca di ricordarselo, ma sono certo di non averglielo mai detto.

- Non lo so, lo sapevo e basta.