giovedì, dicembre 20, 2007

Capitolo LXXVIII - Cosa Non Mettere In Una Compilation

Mentre torniamo in macchina Marco tira fuori dal cruscotto un cd. Lo guarda attonito.

E' la mia compilation, l'avevo fatta anni fa. Dentro ci sono Smiths, Cure, Joy Division, tutta quel genere di roba che si mette su a 18 anni perché si è tristi. Intanto Marc scorre i titoli, mi guarda, sgrana gli occhi.

- Eri depresso?
- Probabilmente sì, non mi ricordo.
- Ma l'hai mai fatta una compilation per qualcuno?
- Intendi qualcuno che non sia me?
- Sì.
- Allora no.
- Dovresti secondo me.
- E per chi la dovrei fare?
- Boh, Martina.
- Mi ha mollato stamattina.
- Ma stavate insieme?
- Beh, da tipo 12 ore.
- Lei lo sapeva?
- Se mi ha mollato, evidentemente, lo sapeva.

Lasko frena, Marco è arrivato. Scende e mi saluta con un “pensaci”. Non ci voglio pensare invece. Lasko che è stato zitto fino ad ora e proprio non resiste oltre.

- Concordo, falle una compilation.
- Ma per quale motivo?
- Non ti piacerebbe averle fatto un regalo?
- Ma sai quanto conterebbe per lei? Zero.
- Hai paura di metterti in gioco.
- Non le piaceranno mai le canzoni che scelgo.
- Come ultima traccia che metteresti?
- True Love Waits.

Mi guarda attonito.

- E' dei Radiohead.
- Ah.

No, non funzionerebbe mai.

sabato, dicembre 08, 2007

Capitolo LXXVII - Uno

Mi risiedo e faccio capire che non sono qui per parlare di Ilaria. Piuttosto propongo una partita a carte. Voglio giocare a Uno. Ho imparato a giocare a Uno a casa di amici. D'accordo, non ha regole particolarmente complicate, ma mi sono trovato subito a mio agio sul tavolo verde. Sono in breve diventato campione mondiale di Uno. Campione mondiale tra i miei amici. Abbiamo sempre avuto questo genere di abitudine: chi vince una competizione, nella nostra cerchia, è certificato come campione del mondo. Questa è un'usanza americana. Non so se qualcuno c'ha mai fatto caso ma in America, nel Baseball, ci sono le World Series, e chi le vince è ovviamente il World Champion; peccato che a questo genere di torneo partecipino solo squadre americane. Vaglielo a spiegare. A Uno ho vinto così tanto che i miei due avversari della giornata si intimoriscono e mi impediscono di giocare. “Non abbiamo le carte da Uno”. “Scuse”.

Dov'è l'inverno quando serve? Dove sono le serate in montagna? La mia adolescenza?

Porto i capelli diversi da allora, mi sono fatto crescere un po' di barba posticcia, ho cambiato casa, sono cambiato anche io. Modena è restata casa mia, Milano non lo è, almeno per ora. A Modena a parte i vecchi amici ho perso i contatti, per colpa mia, per colpa loro. A Milano ho amicizie superficiali e scappo non appena posso. Casa mia è forse il pc, è forse itinerante. Non ho mai avuto punti di riferimento evidenti, non li ho mai cercati. Ora, più mi muovo e più credo di averne bisogno. Seguo le partite la domenica, seguo le serie tv il mercoledì, seguo Fabio Fazio il venerdì. Mi chiedo di continuo “quanto” sto invecchiando, e non “se”. Prima che ci fossero tutti questi problemi con Martina era diverso, c'è stato un periodo in cui mi faceva toccare la luna con un dito, le bastava anche solo un sorriso. Quante partite a Uno con lei. In due giocare a Uno è terribile. Si ha la sensazione di fare qualcosa di immorale. Non so come mai giocando in sette ci si senta nel giusto, ma in due è decisamente diverso, in due è morboso. Avevamo tentato anche di giocare a “Indovina Chi?”. Come ho detto qualche pagina prima fu un mezzo fallimento. Niente di paragonabile a Uno, con tutti i suoi numeri, i suoi colori, le sue carte speciali.

- Senti Marcello, allora che vuoi fare?

- Non c'è Uno?

- No!
- Andiamo a casa allora.